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Il tintinnìo diegetico di ex voto appesi a una parete, poi uno stacco e la camera si concentra su un uomo che riempie con dischi di ghisa un trolley. Il rumore è sordo. Vediamo un’impalcatura e un braccio tenuto in tensione. Nella penombra di un magazzino dismesso, trasformato in altare sacrificale, si consuma il macabro rito. Una busta di ghiaccio come unico anestetico. Impossibile non abbassare lo sguardo e non sentirsi lacerati dall’urlo di dolore che squarcia il silenzio. L’orrore del supplizio si consuma nella più spietata indifferenza. Spaccaossa è un film che graffia, che entra a gamba tesa nella coscienza di tutti noi. Opera prima di Vincenzo Pirrotta, attore teatrale e cinematografico, è l’unico lungometraggio di finzione presentato alla Giornata degli Autori nella sezione Notti Veneziane della 79ª Mostra del Cinema di Venezia. Prodotto da Attilio De Razza e Nicola Picone per Tramp Limited con Rai Cinema, è interamente recitato in dialetto siciliano, con sottotitoli, e si avvale di un cast quasi completamente palermitano: a Vincenzo Pirrotta si affiancano Ninni Bruschetta, Luigi Lo Cascio, Giovanni Calcagno, Selene Caramazza, Aurora Quattrocchi, Simona Malato e Rossella Leone. La narrazione ha come sfondo i rioni di Danisinni, Falsomiele e Borgonovo, ad esclusione di un set allestito a Torretta. Daniele Ciprì ne firma la fotografia, restituendoci una città cupa e malinconica. “Ho scelto di raccontare questa storia – afferma il regista – perché credo che sia una necessità. Ancora una volta, la città di Palermo deve scrollarsi un’onta, espellere un tumore”. La storia di degrado e cinismo narrata da Pirrotta si ispira al caso emerso con le indagini che hanno portato, a partire dal mese di agosto del 2018, alle operazioni “Tantalo” e “Tantalo bis”. L’inchiesta ha messo in luce un sistema organizzato di truffe assicurative. Le finte vittime di inesistenti incidenti stradali erano reclutate tra persone disperate, in grave difficoltà economica, tra tossicodipendenti ed emarginati che accettavano di farsi letteralmente spaccare le ossa, in cambio di poche centinaia di euro. Il film accende i riflettori su una doppia miseria: quella materiale delle vittime e quella spirituale dei carnefici. Il regista sottolinea l’intento di voler andare oltre il fatto di cronaca, soffermandosi sulle storie personali di un’umanità disperata e sempre più insensibile verso la sofferenza altrui. In una plumbea, triste e desolata Palermo, si rappresenta, come in un teatro greco, la tragedia degli ultimi, degli invisibili, di coloro che sono disposti a tutto pur di poter offrire uno scampolo di gioia alle persone che amano. Storie di solitudine e povertà estrema in cui la macchina da presa si insinua per svelare il tormento che le abita…